I due testi qui citati hanno in comune una condizione umana tragica
ed una data di composizione sorprendentemente ravvicinata nel tempo
ed al contempo distante, in quanto separati da un evento eccezionalmente violento.
La condizione umana è quella di reclusione, che si concluderà per entrambi i protagonisti
con la morte in carcere comminata dall’uomo stesso,
mentre le date di scrittura sono per entrambi i testi gli anni ‘40 del ‘900;
l’uno durante la guerra e l’altro immediatamente dopo.
Essi sono “Lo straniero” – ambientato nell’Algeria francese – di Albert Camus
e “Buio a Mezzogiorno” dell’ungaro / britannico Arthur Koestler, sulle detenzioni staliniane.
Ma c’è anche un’altro aspetto – che diremo emergente – ad avvicinare i due testi.
É quello di una riflessione che riguarda la condizione umana
costretta in uno stato di costante auto-contraddittorio
per una reclusione misurata sulla logica del ‘fuori’, cioé della libertà personale.
Questo mette l’individuo in una angosciosa sovrapposizione
tra la rigida e lenta quotidianità dei gesti e la rapidità del pensiero e dell’azione.
Questa condizione duale, rimane insormontabile ed insanabile
finché non si compie il ‘collasso’ in una stato finalmente definito
– con il pronunciamento della sentenza in un caso e la firma dei verbali nell’altro –
a scioglimento del dramma per entrambi i protagonisti.
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Ne “Lo straniero” di Camus, l’attesa della sentenza che lo condannerà a morte,
rappresenta di per sé per il protagonista Meursault uno stato di sovrapposizione
tra il mondo fisico e quello mentale;
una condizione di contemporaneità di innumerevoli tratti materiali e di sentimenti
tutti ‘prossimamente futuri’ ma che si affollano in un unico istante
fino a giungere ad un punto di risoluzione reso tangibile dalla fisicità del muro
contro cui egli preme il proprio corpo.
Questo evento finale avviene in un tempo indefinito ma infinitesimo.
La descrizione qui si avvale di un procedere smorzato fino al dettaglio pedante,
ad evidenziarne a rallentatore la sequenza:
« … Il fatto che la sentenza fosse stata letta alle ore venti invece che alle ore diciassette, il fatto che avrebbe potuto essere completamente diversa, …deliberata da uomini che cambiano di biancheria, che era stata messa a carico di una nozione così imprecisa come ‘il popolo francese’ (o tedesco, o cinese) tutto questo mi pareva proprio che diminuisse di molto la serietà di una simile decisione.
Eppure ero costretto a riconoscere che dal secondo in cui era stata presa, i suoi effetti diventavano altrettanto sicuri, altrettanto seri che la presenza di quel muro contro cui schiacciavo il mio corpo. …»
e ancora …
« … Ma naturalmente non si può sempre essere ragionevoli. Altre volte, ad esempio, fabbricavo dei progetti di legge. Riformavo le pene. Avevo osservato che l’essenziale è di dare al condannato una possibilità di salvarsi. … »
Parimenti in Buio a Mezzogiorno, un analogo vincolo fisico e mentale
– ancor più dilatato nel tempo, per la prolungata e tormentata segregazione –
deve rispettare tutti i gradini previsti fino all’estinzione di ogni forma di resistenza.
… Perfino lui, Rubashov, cominciava a perdersi nel labirinto di menzogne calcolate e di finzioni dialettiche, nell’ombra crepuscolare tra la verità e l’inganno. La verità ultima indietreggiava sempre di un passo, visibile rimaneva soltanto la penultima bugia con la quale si doveva servirla. …
Il prigioniero nella cella in uno stato di sospensione
tra la fedeltà che gli viene prospettata per il ‘Partito’
e la propria coscienza che sostiene le ragioni dell’intelletto;
tra la ‘vecchia guardia’ di cui anche lui fa(ceva) parte
e la ‘nuova guardia’, dotata di scarso retroterra e alto cinismo;
tra la ‘kriptonite’ che affievolisce le resistenze
(gli interrogatori notturni, la mancanza di sonno,
lo scarso, pessimo cibo, la lampada nel viso “… ad intensità variabile …”
le reiterate richieste di auto-accusa, …)
e la terribile dignità che viene ora declinata in vanità; …
… «“Onore è servire senza vanità e fino alle estreme conseguenze.”» Rubashov cercò di resistere al suo sguardo.
«Non vedo», disse, «di che utilità possa essere al Partito che i suoi membri debbano trascinarsi nella polvere … . Ho firmato tutto quello che avete voluto io firmassi. Mi sono riconosciuto colpevole d’avere seguito una politica falsa ed obiettivamente pericolosa. Non vi basta?». Si mise gli occhiali, ammiccò disperatamente guardando oltre la lampada, e concluse con una voce fatta rauca dalla stanchezza: «Dopo tutto, il nome di N. S. Rubashov è per se stesso una parte della storia del Partito. Trascinandolo nel fango, insozzate la storia della Rivoluzione». Gletkin sfogliò ancora l’incartamento. «Anche a questo posso rispondere citando il vostro scritto. Ecco qua: “È necessario inculcare ogni frase nelle masse con la ripetizione e la semplificazione. Ciò che viene presentato come giusto deve risplendere come oro, ciò che viene presentato come erroneo deve essere nero come la pece”.» …
« La vostra testimonianza al processo sarà l’ultimo servigio che potrete rendere al Partito.»
Rubashov non rispose. Teneva gli occhi chiusi e abbandonati sotto i1 barbaglio della lampada … .
«Voi sapete che cosa abbiamo in ballo qui da noi », continuò Gletkin, «Per la prima volta nella Storia una rivoluzione non solo ha conquistato il potere, ma ha saputo anche conservarlo. Abbiamo fatto del nostro Paese un bastione della nuova era. Esso copre un sesto del mondo e un decimo della popolazione mondiale. » …
«Il baluardo deve resistere, a costo di qualunque sacrificio. Il capo del Partito ha identificato questo principio con impareggiabile chiarezza e lo ha costantemente applicato. La politica dell’internazionale doveva essere subordinata alla nostra politica nazionale. Chiunque non aveva capito questa necessità doveva essere ucciso.
Interi gruppi dei nostri migliori funzionari in Europa hanno dovuto essere fisicamente liquidati. Non abbiamo esitato a distruggere le nostre stesse organizzazioni all’estero quando gli interessi del Baluardo lo esigessero. Non abbiamo esitato a collaborare con la polizia dei Paesi reazionari per soffocare movimenti rivoluzionari che sorgevano intempestivamente. Non abbiamo esitato a tradire i nostri amici e a scendere a compromessi coi nostri nemici, per salvare il Baluardo. Questo è il compito che la Storia ci ha dato, … .
I miopi, gli esteti, i moralisti non hanno capito. …
«La vostra fazione, cittadino Rubashov, è stata battuta e disfatta. Volevate spezzare il Partito, pur dovendo sapere che una scissione nel Partito avrebbe significato la guerra civile. Sapete dello scontento fra i contadini, che non hanno ancora imparato a comprendere il senso dei sacrifici imposti loro. In una guerra che può scoppiare di qui a qualche mese, tali correnti possono portare a una catastrofe. …»
Ancora l’inestricabile affollata infinità di condizioni; questa volta tra“teoria e pratica”.
Questa volta tra la doverosa concretezza rivoluzionaria attribuita alle masse e l’etereo moralismo;
tra ciò che risplende come oro e la nera pece.
Ma anche qui è previsto un punto di caduta, di atterraggio, alfine il ‘collasso’;
un tempo in cui più stati non possono coesistere
ed in cui il gatto di Shrödinger … – morto per la rivoluzione – anche se non tornerà vivo,
sarà almeno malinconicamente rivitalizzato … .
Il Partito promette una sola cosa: dopo la vittoria, quando non potrà essere più dannoso, il materiale degli archivi segreti verrà pubblicato. Allora il mondo saprà che cosa si nascondeva dietro le quinte di questa commedia medievale, come voi la chiamate… » Esitò qualche istante, …: «E allora voi, e alcuni vostri amici della vecchia generazione, avrete la simpatia e la pietà che vi sono negate oggi.» …
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Estratti da:
LO STRANIERO di Albert Camus ‑1942
ed. Tascabili BOMPIANI 1982 – pgg. 134⁄136
trad. Alberto Zevi
BUIO A MEZZOGIORNO di Arthur Koestler
Arnoldo Mondadori Ed. 1957 – pgg.177 ; 212⁄217
trad. Giorgio Monicelli
tutti i corsivi a.m. – IV’22
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