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Il TAO

Il testo affa­sci­nan­te di Capra con­du­ce – nel suo insie­me, se non nel­lo spe­ci­fi­co pas­so qui citato – 
ad un dua­li­smo sor­pren­den­te per i nostri sen­si ‘occi­den­ta­li’
met­ten­do alla pro­va sia le capa­ci­tà di comprensione
di una fisi­ca che deve for­za­ta­men­te tor­na­re a far uso del­la filosofia, 
sia le pecu­lia­ri­tà spe­cu­la­ti­ve o di ‘sag­gez­za’ – si con­sen­ta il ter­mi­ne – più tipi­ca­men­te orientali.
Quan­do lo spa­zio ed il tem­po ven­go­no uni­fi­ca­ti, nel­la fisi­ca di ini­zio ‘900,
distan­ze ed inter­val­li tem­po­ra­li diven­go­no ela­sti­ci e variabili, 
dipen­den­ti dal cosid­det­to ‘siste­ma di rife­ri­men­to’ cioè da un pre­ci­so pun­to di vista. 
Spa­zio e Tem­po non sono più asso­lu­ti e fis­si come li ritro­via­mo nell’Universo newtoniano
per cui anche una loro rap­pre­sen­ta­zio­ne richie­de gene­ro­se dosi di astrazione 
affin­ché sia rag­giun­to un accor­do scien­ti­fi­co a livel­lo di nuo­va conoscenza 
e ne ven­ga­no accet­ta­te le ine­vi­ta­bi­li con­se­guen­ze, nell’interpretazione del­la realtà.
Lo sfor­zo per ten­ta­re di avvi­ci­nar­si ad una impos­si­bi­le visua­liz­za­zio­ne a 4 dimensioni
par­la spes­so attra­ver­so del­le ana­lo­gie; quel­la valo­riz­za­ta nel testo, 
sul­la geo­me­tria dell’ombra con­trap­po­sta ad una «rea­le» misu­ra di un oggetto,
è senz’altro un espe­dien­te sin­go­la­re ed elegante, 
in un labi­rin­to con­cet­tua­le come quel­lo del mon­do ‘rela­ti­vo’. (a.m. III/’22)

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Il TAO   (per VIVERE a LUNGO)

     … Que­sto con­cet­to di spa­zio-tem­po fu intro­dot­to da Her­mann Min­ko­w­ski in una famo­sa con­fe­ren­za del 1908 con le seguen­ti parole:
«Le con­ce­zio­ni di spa­zio e tem­po che desi­de­ro espor­vi sono sor­te dal ter­re­no del­la fisi­ca spe­ri­men­ta­le, e in ciò sta la loro for­za. Esse sono fon­da­men­ta­li. D’ora in poi lo spa­zio di per sè stes­so e il tem­po di per sè stes­so sono con­dan­na­ti a sva­ni­re in pure ombre, e solo una unio­ne tra i due con­cet­ti con­ser­ve­rà una real­tà indipendente».
     I con­cet­ti di spa­zio e tem­po sono tal­men­te fon­da­men­ta­li per la descri­zio­ne dei feno­me­ni natu­ra­li che la loro modi­fi­ca­zio­ne com­por­ta un cam­bia­men­to dell’intero sche­ma teo­ri­co di cui ci ser­via­mo in fisi­ca per descri­ve­re la natu­ra.   Nel nuo­vo sche­ma, spa­zio e tem­po sono trat­ta­ti sul­lo stes­so pia­no e sono con­nes­si in modo inse­pa­ra­bi­le: nel­la fisi­ca rela­ti­vi­sti­ca non pos­sia­mo mai par­la­re di spa­zio sen­za par­la­re di tem­po, e vice­ver­sa.   Ogni vol­ta che ci si occu­pa di feno­me­ni che com­por­ta­no ele­va­te velo­ci­tà, si deve usa­re que­sto nuo­vo sche­ma di inter­pre­ta­zio­ne.    

     Il lega­me pro­fon­do che esi­ste tra spa­zio e tem­po era ben noto in astro­no­mia, in un con­te­sto diver­so, mol­to pri­ma del­la teo­ria del­la rela­ti­vi­tà. Astro­no­mi ed astro­fi­si­ci han­no a che fare con distan­ze estre­ma­men­te gran­di e di nuo­vo diven­ta impor­tan­te il fat­to che la luce impie­ghi un cer­to inter­val­lo di tem­po per anda­re dall’oggetto osser­va­to all’osservatore.
Poi­ché la velo­ci­tà del­la luce è fini­ta, gli astro­no­mi non osser­va­no mai l’universo nel suo sta­to attua­le, ma guar­da­no sem­pre indie­tro, nel pas­sa­to. Per anda­re dal Sole alla Ter­ra, la luce impie­ga otto minu­ti, e quin­di, in ogni momen­to, noi vedia­mo il Sole come era otto minu­ti pri­ma … e con i nostri tele­sco­pi pos­sia­mo vede­re le galas­sie come era­no milio­ni di anni fa.
Il fat­to che la velo­ci­tà del­la luce è fini­ta non rap­pre­sen­ta un pro­ble­ma per gli astro­no­mi, anzi. Per­met­te loro di osser­va­re tut­te le fasi dell’evoluzione di stel­le, ammas­si stel­la­ri o galas­sie guar­dan­do sem­pli­ce­men­te nel­lo spa­zio e indie­tro nel tempo. … 
Quel­lo che la teo­ria del­la rela­ti­vi­tà ci dice di nuo­vo è che que­sto lega­me è impor­tan­te non solo quan­do abbia­mo a che fare con gran­di distan­ze, ma anche quan­do abbia­mo a che fare con gran­di velocità. 
Per­si­no qui sul­la Ter­ra la misu­ra di una distan­za non è indi­pen­den­te dal tem­po, per­ché essa richie­de … un rife­ri­men­to al tem­po. … [ velo­ci­tà = spazio/tempo ]
     Con­cet­ti che nel­la fisi­ca non rela­ti­vi­sti­ca sem­bra­va­no pri­vi di qual­sia­si rela­zio­ne, ora sono con­si­de­ra­ti sem­pli­ce­men­te aspet­ti diver­si di un mede­si­mo con­cet­to. La sua fun­zio­ne uni­fi­ca­tri­ce con­fe­ri­sce alla strut­tu­ra del­la rela­ti­vi­tà una gran­de ele­gan­za e una pro­fon­da bel­lez­za dal pun­to di vista mate­ma­ti­co. … tut­ta­via ciò è sem­pre sta­to di scar­so aiu­to per la nostra intui­zio­ne.  Non abbia­mo alcu­na espe­rien­za sen­so­ria­le diret­ta del­lo spa­zio-tem­po qua­dri­di­men­sio­na­le … .   Ogni vol­ta che stu­dia­mo dei feno­me­ni natu­ra­li che com­por­ta­no alte velo­ci­tà, ci risul­ta mol­to dif­fi­ci­le trat­ta­re que­sti con­cet­ti sia a livel­lo di intui­zio­ne sia a livel­lo di lin­guag­gio ordinario.

     Per esem­pio, nel­la fisi­ca clas­si­ca si è sem­pre dato per scon­ta­to che un rego­lo ha la stes­sa lun­ghez­za in moto o in quie­te. La teo­ria del­la rela­ti­vi­tà ha mostra­to che ciò non è vero. La lun­ghez­za di un ogget­to dipen­de dal suo moto rispet­to all’osservatore e cam­bia con la velo­ci­tà di quel moto.    … non ha alcun sen­so chie­der­si qua­le sia la lun­ghez­za « rea­le » di un ogget­to, pro­prio come non ha sen­so chie­der­si qua­le sia la lun­ghez­za rea­le dell’ombra di una per­so­na. L’ombra è la pro­ie­zio­ne su un pia­no bidi­men­sio­na­le di un insie­me di pun­ti del­lo spa­zio tri­di­men­sio­na­le e la sua lun­ghez­za è diver­sa a secon­da dell’angolo di pro­ie­zio­ne.   Ana­lo­ga­men­te, la lun­ghez­za di un ogget­to in moto è la pro­ie­zio­ne, su uno spa­zio tri­di­men­sio­na­le, di un insie­me di pun­ti del­lo spa­zio­tem­po qua­dri­di­men­sio­na­le; essa è diver­sa in siste­mi di rife­ri­men­to diversi.
Ciò che è vero per le lun­ghez­ze, è vero anche per gli inter­val­li di tem­po, … ma al con­tra­rio del­le distan­ze spa­zia­li diven­ta­no tan­to più lun­ghi quan­to più aumen­ta la velo­ci­tà rispet­to all’osservatore. … gli oro­lo­gi in moto ral­len­ta­no e il tem­po scor­re più lentamente. …

     Il ral­len­ta­men­to degli oro­lo­gi in moto … è facil­men­te sot­to­po­sto a veri­fi­ca nel­la fisi­ca del­le par­ti­cel­le. … Nume­ro­si espe­ri­men­ti han­no con­fer­ma­to il fat­to che la ‘vita media’ di una di que­ste par­ti­cel­le dipen­de dal suo sta­to di moto e aumen­ta con la sua velo­ci­tà. Par­ti­cel­le che si muo­vo­no con una velo­ci­tà pari all’80 % di quel­la del­la luce vivo­no cir­ca l,7 vol­te di più del­le loro «gemel­le» len­te, men­tre con una velo­ci­tà pari al 99 % del­la velo­ci­tà del­la luce vivo­no cir­ca set­te vol­te più a lungo. …

gramoving_2013 • archi­vio a. m.

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Fri­t­jof Capra IL TAO DELLA FISICA 
ed. Adel­phi 1982  pgg. 195–198  –  trad. Gio­van­ni Salio

 

Pubblicato in S.T. DREAMs