Il complesso sistema verbale di Beckett travolge come un gorgo
e ci rende incapaci di risalirlo;
un macinare costante e perennemente rinnovato,
una cantilena, un ‘basso continuo’ che ci culla,
qualcosa che forse vorremmo senza fine
per inseguirne con inquietudine crescente il significato e l’essenza.
Comprendiamo che quelle parole scandiscono compiti precisi
pur senza condurre mai in alcun luogo.
I fallimenti di Beckett – anche quelli personali –
costituiscono la sua poetica:
« … più mi fa intingere il naso nella merda più gli sono grato »
(Harold Pinter, in una lettera del 1954*).
Nel testo le parole si inseguono, frammentate
e quelle successive nulla sanno di quelle che le hanno precedute.
Così accade per i personaggi,
anch’essi si inseguono – inseparabili – invischiati nel presente
e con precari paletti spaziotemporali.
Didi e Gogo hanno bisogno l’uno dell’altro per essere consapevoli di esistere,
per giustificare la propria presenza nel mondo,
davanti allo sgretolamento di una identità personale,
per indovinare, nell’altro, il passare del tempo. (a.m. III’23)
* Riportato da Chris Power in The Guardian 7/7/2016
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DIDI e GOGO (*)
…
VLADIMIRO – Qualcosa è cambiato qui, da ieri.
ESTRAGONE – E se non venisse?
VLADIMIRO – (dopo un attimo d’incomprensione) Vedremo il da farsi. (Pausa).
Ti dico che qualcosa è cambiato qui, da ieri.
ESTRAGONE – Tutto trasuda.
VLADIMIRO – Guarda l’albero, per esempio.
ESTRAGONE - Non ci si trova mai due volte nello stesso pus.
VLADIMIRO - L’albero, ti dico. Guardalo.
ESTRAGONE – (guardando l’albero) Ieri non c’era?
VLADIMIRO – Ma si che c’era, non ti ricordi? C’è mancato un pelo che non ci si impiccasse. (Riflettendo) Sí, giusto (sillabando) che-non-ci-si-impiccasse. Ma tu non hai voluto. Non ti ricordi?
ESTRAGONE – Te lo sei sognato.
VLADIMIRO – Possibile che tu abbia già dimenticato?
ESTRAGONE – Sono fatto così. O dimentico subito, o non dimentico mai.
VLADIMIRO - E Pozzo e Lucky, hai dimenticato anche quelli?
ESTRAGONE – Pozzo e Lucky?
VLADIMIRO - Hai dimenticato tutto!
ESTRAGONE – Mi ricordo di un energumeno che tirava calci. Poi s’è messo a far lo scemo.
VLADIMIRO – Era Lucky!
ESTRAGONE – Questo me lo ricordo. Ma quando è successo?
VLADIMIRO – E l’altro che lo tirava, ti ricordi anche di lui?
ESTRAGONE – Mi ha dato degli ossi.
VLADIMIRO – Era Pozzo!
ESTRAGONE – E dici che è successo ieri, tutto questo?
VLADIMIRO – Ma si capisce!
ESTRAGONE – In questo stesso posto?
VLADIMIRO – Ma certo! Non ti ritrovi?
ESTRAGONE – (con ira improvvisa) Ritrovarmi! Dove vuoi che mi ritrovi? Ho trascinato la mia sporca vita attraverso il deserto! E tu vorresti che ci vedessi delle sfumature! (Sguardo circolare) Guarda questo schifo! Non ne sono mai uscito!
VLADIMIRO – Calma, calma.
ESTRAGONE – Allora non venire a rompermi le scatole coi tuoi paesaggi! Parlami del sottosuolo!
VLADIMIRO – Eppure, non vorrai mica dirmi che questa roba (gesto) somiglia al Vaucluse! Ammetterai che c’è una bella differenza.
ESTRAGONE – Il Vaucluse! E chi parla del Vaucluse?
VLADIMIRO – Ma ci sei pur stato, nel Vaucluse?
ESTRAGONE – Ma no, non sono mai stato nel Vaucluse! Questa diarrea di esistenza, me la sono scolata tutta qui, ti dico! Qui, nel Merdecluse!
VLADIMIRO – E io ti ripeto che noi due siamo stati insieme nel Vaucluse, ci metterei la mano sul fuoco. Abbiamo vendemmiato, perfino, da un certo Bonnelly, a Roussillon.
ESTRAGONE – (più calmo) Sarà. Io non ho notato niente.
VLADIMIRO – Ma laggiù tutto è rosso!
ESTRAGONE – (stufo) Non ho notato niente, ti dico! Silenzio. Vladimiro sospira profondamente.
VLADIMIRO – È difficile vivere con te, Gogo.
ESTRAGONE – Sarebbe meglio lasciarci.
VLADIMIRO – Dici sempre così. E ogni volta ritorni.
Silenzio.
…
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(*) Sono i due nomignoli con cui a volte i personaggi si chiamano tra loro
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Samuel Beckett – ASPETTANDO GODOT
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pgg . 24–25 • trad. N/D