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GAUSS

Johann Frie­drich Carl Gauss,
prin­ci­pe dei mate­ma­ti­ci Moder­ni, al pari di Archi­me­de per gli Antichi.
Pro­iet­ta­to qui in una favo­la filo­so­fi­ca che ne cita le gesta
real­men­te com­piu­te al 1818
nel­l’in­ca­ri­co di rile­va­to­re geo­de­ti­co del regno di Hannover
attra­ver­so l’u­so di un suo stru­men­to a spec­chi (l’e­lio­tro­po)
per riflet­te­re i rag­gi sola­ri a gran­de distan­za con­sen­ten­do pre­ci­se misu­ra­zio­ni sul terreno,
asso­cia­to al meto­do di ridu­zio­ne degli errori
tra­mi­te quel­la che ancor oggi cono­scia­mo come ‘gaus­sia­na’.

Il tut­to for­se oggi richia­ma la neces­si­tà di ritro­va­re il sen­so di Natura,
risco­pri­re una cura del Mon­do, pro­por­re una nuo­va defi­ni­zio­ne di Ecologia.
Un recu­pe­ro di con­sa­pe­vo­lez­za Biologica
e fra­tel­lan­za indis­so­lu­bi­le con ogni Viven­te sul­la Ter­ra.   (a.m. IX’24)

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… Di sera tar­di, il pro­fes­so­re bus­sò alla por­ta del­la casa padro­na­le. Aprì un gio­va­ne ser­vi­to­re min­gher­li­no e dis­se che il con­te von der Ohe zur Ohe non rice­ve­va nes­su­no.   Gauss gli chie­se di ripe­te­re il nome.
Il ser­vi­to­re obbe­dì: « Con­te Hein­rich von der Ohe zur Ohe.» Gauss non riu­scì a trat­te­ne­re una risata.
Il ser­vi­to­re lo osser­vò con la fac­cia di uno appe­na cadu­to nel­lo ster­co di vac­ca. La fami­glia del nobi­le signo­re si chia­ma­va così da miglia­ia di anni.

Del resto, si sa che la Ger­ma­nia è sem­pre sta­ta un posto spi­ri­to­so sul­l’a­tlan­te, dis­se Gauss. E comun­que, lui era lì per l’a­gri­men­su­ra. C’e­ra­no osta­co­li da rimuo­ve­re, lo sta­to dove­va acqui­sta­re dal signor… Sor­ri­se. Lo sta­to dove­va acqui­sta­re dal signor con­te alcu­ni albe­ri e un gra­na­io di nes­sun valo­re. Una pura for­ma­li­tà che si pote­va sbri­ga­re mol­to in fret­ta.   «For­se si potrà sbri­ga­re in fret­ta» dis­se il ser­vi­to­re. «Ma di cer­to non que­sta sera».   Gauss si guar­dò le scar­pe spor­che. L’a­ve­va temu­to. Bene, allo­ra sareb­be rima­sto a dor­mi­re, che gli pre­pa­ras­se­ro la stan­za!   «Non cre­do che ci sia posto» dis­se il servitore.
Gauss si tol­se il ber­ret­to di vel­lu­to, si asciu­gò la fron­te e si aprì il bave­ro. Non si sen­ti­va mol­to bene ed era suda­to. Gli face­va male lo sto­ma­co. C’e­ra un malin­te­so. Non era un postu­lan­te, ma il diret­to­re del­la Com­mis­sio­ne di Sta­to per l’A­gri­men­su­ra e, se ades­so lo man­da­va­no via, sareb­be tor­na­to accom­pa­gna­to. Si era spie­ga­to? Il ser­vi­to­re fece un pas­so indie­tro.   Si era spie­ga­to? « Sì cer­to » dis­se il servitore.
«Sì cer­to, signor pro­fes­so­re! Signor pro­fes­so­re» ripe­té il servitore.
E ades­so che lo por­tas­se­ro dal con­te. … Con voce roca, il ser­vi­to­re lo pre­gò di seguirlo.
Pro­ce­de­va con la bugia a una velo­ci­tà tale che sem­bra­va spe­ras­se di poter scap­pa­re da Gauss. Non sareb­be sta­to poi così dif­fi­ci­le: al pro­fes­so­re face­va­no male i pie­di, il cuo­io del­le scar­pe era trop­po duro, la cami­cia di lana gli dava pru­ri­to  … .   Sce­se­ro una sca­la, poi risa­li­ro­no, poi sce­se­ro di nuo­vo. La strut­tu­ra era pen­sa­ta per con­fon­de­re i visi­ta­to­ri, e pro­ba­bil­men­te riu­sci­va nel­l’in­ten­to con le per­so­ne che difet­ta­va­no del sen­so del­le rap­pre­sen­ta­zio­ni geo­me­tri­che. Gauss cal­co­lò appros­si­ma­ti­va­men­te che dove­va­no tro­var­si cir­ca dodi­ci pie­di più in alto e qua­ran­ta pie­di a ove­st del por­to­ne prin­ci­pa­le e si muo­ve­va­no ver­so sud-ove­st. Il ser­vi­to­re bus­sò a una por­ta, aprì, dis­se un paio di paro­le e fece entra­re Gauss. Su una sedia a don­do­lo era sedu­to un uomo anzia­no in vesta­glia con gli zoc­co­li. Dove­va esse­re alto, ave­va le guan­ce inca­va­te e uno sguar­do penetrante.
«Von der Ohe zur Ohe, pia­ce­re». Di cosa rideva?
Gauss dis­se che non sta­va riden­do. Era l’a­gri­men­so­re sta­ta­le. Non ride­va mai e vole­va solo pre­sen­tar­si e rin­gra­zia­re per l’ospitalità. …

… Il mat­ti­no pre­sto lo sve­gliò un sogno stra­zian­te. Vede­va se stes­so sul tavo­lac­cio sogna­re se stes­so ste­so sul tavo­lac­cio a sogna­re se stes­so ste­so sul tavo­lac­cio a sogna­re. Ango­scia­to, si sedet­te ed ebbe subi­to la con­sa­pe­vo­lez­za che gli ci vole­va anco­ra del tem­po pri­ma di svegliarsi. … .

… «Un tem­po era mol­to più bel­lo» dis­se il con­te. «Oggi­dì il per­so­na­le per tene­re un giar­di­no è caro, e l’ac­quar­tie­ra­men­to fran­ce­se ha pro­dot­to mol­ti dan­ni». …   Il signor geo­de­ta non desi­de­ra­va seder­si? Gauss si guar­dò intor­no. C’e­ra sol­tan­to una sedia, e la occu­pa­va il con­te. «Non è neces­sa­rio» dis­se titubante.
«Come pre­fe­ri­sce», dis­se il con­te. Allo­ra pote­va­no ini­zia­re subi­to le trattative.
«Una pura for­ma­li­tà» dis­se Gauss. «Per poter ave­re la vista libe­ra sul rilie­vo di Schar­n­hor­st biso­gna taglia­re tre albe­ri del bosco del con­te e demo­li­re un gra­na­io evi­den­te­men­te in disu­so da anni».
«Schar­n­hor­st? Ma così lon­ta­no non arri­va la vista di nes­sun uomo!».  «Cer­to,» dis­se Gauss, «basta usa­re i fasci di luce. Ho rea­liz­za­to uno stru­men­to in gra­do di invia­re segna­li lumi­no­si per per­cor­si inim­ma­gi­na­bil­men­te lun­ghi. Per la pri­ma vol­ta ho reso pos­si­bi­le una comu­ni­ca­zio­ne fra la ter­ra e la luna».   «La ter­ra e la luna», ripe­té il con­te.   Gauss annui sorridendo. …

L’a­gri­men­su­ra – archi­vio a.m. 2013

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Daniel Kehl­mann – LA MISURA DEL MONDO Fel­tri­nel­li 2005  –  trad. Pao­la Oli­vie­ri   •  dal­le pgg. 151–156

Pubblicato in IDENTITÁ