Le guerre balcaniche:
non quelle del 1912–13, legate alla dissoluzione dell’impero ottomano
ma quelle che hanno smembrato la Jugoslavia sorta dalla IIª guerra Mondiale.
Un territorio quello dei Balcani che — è stato detto —
«produce più storia di quanta non riesca a consumarne».
Iniziate nel 1991 e protratte almeno fino al 2001 con la secessione macedone
hanno costituito una vera guerra di identità al confine europeo,
travisata in guerra religiosa ed immediatamente incalzata dai nazionalismi.
Pulsioni che tutt’ora sussistono al di là ed al di qua delle nostre frontiere.
I due fatti ‘altamente simbolici’ che sottolinearono queste definizioni furono
il bombardamento e l’incendio della biblioteca di Sarajevo in Bosnia nel 1992
e la distruzione del vecchio ponte di Mostar in Erzegovina l’anno successivo.
Distruzioni di nessun valore militare ma immenso valore culturale e collettivo.
Un terzo avvenimento, molto più che simbolico ma invece tragico
fu l’eccidio di Srebrenica – operato per mano serba e colpe ONU – nel luglio 1995
Il testo di Amartya Sen (Nobel per l’Economia 1998)
scandaglia un rapporto che ribadisce quanto
l’essenza di quelle «categorie collettive» quali religione, razza, nazione, lingua, …
pretendono di definire l’individuo in maniera irrevocabile.
Sen si oppone dunque all’interpretazione dell’identità come fatto naturale
del quale ciascuno, semplicemente, farebbe la sua scoperta,
ovvero all’idea che l’identità sia un’eredità immutabile della comunità di nascita. (a.m. VI’24)
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... Il mondo … è visto sempre di più come una federazione di religioni o di civiltà, ignorando così tutti gli altri modi in cui gli esseri umani considerano se stessi.
All’origine di questa idea sta la curiosa supposizione che l’unico modo per suddividere in categorie gli abitanti del pianeta sia sulla base di qualche sistema di ripartizione “unico” e “sovrastante”. La suddivisione della popolazione mondiale secondo le civiltà o secondo le religioni produce un approccio che definirei «solitarista» all’identità umana, approccio che considera gli esseri umani membri soltanto di un gruppo ben preciso (definito in questo caso dalla civiltà o dalla religione, in contrapposizione con la rilevanza un tempo attribuita alla nazionalità o alla classe sociale). …
E’ la nostra comune appartenenza al genere umano a essere messa gravemente in discussione ogni volta che le innumerevoli divisioni esistenti nel mondo vengono unificate in un sistema di classificazione spacciato per dominante, che suddivide le persone sulla base della religione, della comunità, della cultura, della nazione, della civiltà, trattando ognuno di questi criteri come unico criterio valido nel contesto di quel particolare approccio alla guerra e alla pace. …
… Inquietudini di questo genere non sono semplicemente il segnale di un’angoscia e di un turbamento; indicano anche, in maniera rivelatrice, l’importanza positiva e costruttiva che la gente tende ad associare a una storia comune e a un senso di affiliazione basato su questa storia.
Ma la storia e il background non sono l’unica maniera di vedere noi stessi e i gruppi ai quali apparteniamo. Esiste una gran quantità di categorie diverse a cui apparteniamo simultaneamente. Io posso essere al tempo stesso un asiatico, un cittadino indiano, un bengalese …, economista, filosofo a tempo perso, scrittore, sanscritista, convinto assertore del laicismo e della democrazia, uomo, femminista, eterosessuale, difensore dei diritti di gay e lesbiche, … .
Appartenere a ognuno di questi gruppi può essere importante, a seconda del contesto specifico. Quando questi gruppi competono fra di loro per avere più attenzione e ottenere la priorità …, l’individuo deve prendere una decisione sul peso relativo da attribuire alle rispettive identità, che dipenderà dalla specifica natura del contesto. Ci sono due distinti problemi a questo riguardo. Il primo consiste nel riconoscere che le identità sono in larga misura plurali, e che l’importanza di un’identità non deve necessariamente cancellare l’importanza delle altre.
Il secondo è che una persona deve fare delle scelte – esplicite o implicite – sul peso relativo da attribuire, in un particolare contesto, alle divergenti fedeltà e priorità, che possono essere in competizione tra loro per avere la precedenza. Identificarsi con gli altri, sotto numerosi aspetti, può essere di estrema importanza per vivere in una società. …
In particolare, nell’analisi economica e sociale tradizionale sono particolarmente diffusi due diversi tipi di riduzionismo. Uno può essere chiamato «indifferenza per l’identità», e si traduce nell’ignorare, o nel trascurare completamente, l’importanza di un sentimento di identità con altre persone riguardo ciò a cui diamo valore e come ci comportiamo. … Un diverso tipo di riduzionismo, di segno opposto al precedente e che potremmo chiamare dell’«affiliazione unica», parte dal presupposto che qualsiasi persona appartenga prevalentemente, a tutti i fini pratici, a una collettività soltanto.
… Ogni identità di gruppo può dare all’individuo un senso di affiliazione e fedeltà. … e ne subiscono il suo fascino sia i teorici del comunitarismo che quegli studiosi di politica culturale che amano dividere la popolazione mondiale in civiltà.
Considerare una persona saldamente incastrata in un’affiliazione, e in una soltanto, annulla i complessi intrecci fra molteplici gruppi e fedeltà multiple, rimpiazzando la ricchezza di una vita umana piena con una formula circoscritta che insiste sul fatto che ogni persona è «collocata» soltanto in un unico compartimento organico. … un’arma spesso usata da militanti settari che vogliono che gli individui a cui essi si rivolgono ignorino qualsiasi altro collegamento suscettibile di raffreddare la loro fedeltà al gregge appositamente designato.
L’incitamento a ignorare qualsiasi affiliazione e fedeltà diverse da quelle che emanano da un’unica e restrittiva identità può essere profondamente ingannevole e può anche contribuire ad accrescere la tensione sociale e la violenza. …
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Amartya Sen – Identità e violenza
Laterza editori – 2006 – Trad. Fabio Galimberti
estratti dalle pgg. 8 – 9 – 39⁄42 (da pdf WordPress.com)