Etty Hillesum, un’ebrea olandese, da Amsterdam ad Auschwitz.
La conosciamo attraverso un diario fortunosamente giunto a noi,
con un contenuto di umanità e rigore interiore da sfidare … le leggi della fisica.
Pare un paradosso accostare spirito e concreta materialità(«respiro con la mia anima»)
ma è ciò he la Hillesum auspica per sé stessa, nei suoi 27 anni di sconfinata esistenza.
Applica su di sé sperimentandolo quotidianamente e chirurgicamente
un dialogo con il divino senza il minimo imbarazzo, alla pari con il Divino,
mantenendo una percezione del reale tanto solida come sezionasse un ramo divelto.
Le – «mille catene spezzate»… «i pezzetti alla rinfusa» –
rappresentano uno stato che richiama la ’ decoerenza quantistica’,
ovvero una condizione nella quale la natura, l’essenza, l’informazione,
di una qualunque entità di cui vogliamo saggiare il contenuto
si ritrovano “disperse” nell’ambiente.
Che si tratti di particelle materiali o di uno stato di coscienza come in questo caso
ogni insieme continua ad esistere nella sua moltitudine di elementi
ma rimane al di là di ciò che è computabile.
Uno stato affine a quello che Etty sperimenta nella sua «costipazione spirituale»
e che comprende tutto ciò che avviene attorno a lei;
uno stato che in poche settimane, da familiare ma inafferrabile
si tramuta in caotico ma espugnabile
per evolvere poi in un univoco e stabile valore.
Un ‘valore’ – sia fisico che spirituale –
che durante il suo manifestarsi esplora infinite posizioni in tempi infinitesimi
come una moneta che ruota su sé stessa,
fino all’arresto irrevocabile ed obbligatorio, su un’unica faccia.
...•...
[marzo 1941] … Ed eccomi là, con la mia «costipazione spirituale». E lui (*) doveva mettere ordine nel mio caos interiore, venire a capo nel mio caos interiore, venire a capo delle forze contraddittorie che operano in me. Mi ha presa come per mano e mi ha detto: ecco, devi vivere così. Per tutta la mia vita ho desiderato che qualcuno mi prendesse per mano e si occupasse di me – magari sembro una persona coraggiosa che fa tutto da sé e invece mi abbandonerei così volentieri alle cure di un altro. E ora questo sconosciuto, questo signor S. (*) dal viso complicato, ha compiuto miracoli in una settimana: ginnastica, esercizi di respirazione, parole illuminanti e liberatrici sulle mie depressioni, sui miei rapporti con gli altri, ecc. All’improvviso ho cominciato a vivere in modo più libero e ‘scorrevole’, quel senso di ‘costipazione’ è sparito, nella mia anima c’è un po’ d’ordine e un po’ più di pace: adesso è ancora l’influenza della sua personalità magica a produrre quest’effetto, ma in futuro si formerà una base nella mia psiche, sarà un processo cosciente. …
Domenica, le undici. L’ordine gerarchico all’interno della mia vita è un po’ cambiato. ‘Una volta’ preferivo cominciare a stomaco vuoto con Dostoevskij o con Hegel, e a tempo perso, quand’ero nervosa, mi capitava anche di rammendare una calza, … . Ora comincio con la calza, nel senso più letterale della parola, e poi pian piano, … , salgo verso la cima, dove ritrovo i poeti e i pensatori. …
… Era il crepuscolo: tenere sfumature nel cielo, misteriose sagome delle case, gli alberi vivi col trasparente intreccio dei loro rami, in una parola era un incanto. Mi ricordo benissimo di come sentivo ‘una volta’: trovavo tutto talmente bello che mi faceva male al cuore. Allora la bellezza mi faceva soffrire e non sapevo che farmene di quel dolore. Allora sentivo il bisogno di scrivere o di far poesie, ma le parole non mi volevano mai venire. E mi sentivo terribilmente infelice. …
E adesso, improvvisamente, questo atteggiamento che per ora chiamo « possessivo » è cessato. Mille catene sono state spezzate, respiro di nuovo liberamente, mi sento in forze e mi guardo intorno con occhi raggianti. E ora che non voglio più possedere nulla e che sono libera, ora possiedo tutto e la mia ricchezza interiore è immensa. S. è completamente mio adesso, anche se domani dovesse partire per la Cina: me lo sento intorno e vivo nella sua sfera, se lo rivedrò mercoledì mi farà piacere ma non sto più a contare nervosamente i giorni, come facevo la settimana passata. E non chiedo più a Han cento volte al giorno: « Mi vuoi ancora bene? », « Mi vuoi ancora tanto bene? », « Sono proprio il tuo tesoro? ». Anche questo era un modo di aggrapparsi, un aggrapparsi fisico a ciò che fisico non è. Ora vivo e respiro con la mia anima, sempre,che mi sia concesso usare questo termine screditato.
E ora capisco anche le parole di S. dopo la mia prima visita da lui. « Quel che c’è qui» (e indicava la testa) « deve finire qui » (e indicava il cuore). Allora io non capivo bene come questo processo potesse attuarsi nel suo lavoro, ma in ogni caso è successo, anche se non saprei dire come. Ha pure assegnato il posto giusto alle cose che già facevano parte di me, come in un puzzle: tutti i pezzetti erano sparsi alla rinfusa e lui li ha ricomposti in un insieme ricco di significato; non so come ci sia riuscito ma questa è una cosa che riguarda lui, è per cosi dire il suo mestiere, e non per nulla si parla di lui come di una «personalità magica». …
Decoerenza 2022 – archivio a.m.
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(*) Julius Spier, ebreo di Berlino in fuga ad Amsterdam, psicochirologo per personale denominazione ma in realtà originale psicoterapeuta di (breve) scuola junghiana. S. – come lei sempre lo cita – ebbe molta influenza su Etty; muore nel settembre del 1942, un giorno prima di essere deportato.
ETTY HILLESUM – Diario 1941–1943 — ADELPHI ED. 2001
a cura di J.G. Gaarlandt • trad. Chiara Passanti
estratti dalle pgg. 27−32−33−35 – corsivi a.m. III’24